Pagine

mercoledì 8 aprile 2015

Sa die de sa Sardigna

Per ricordare il lontano 28 Aprile 1794, il giorno in cui i sardi lottarono insieme per la libertà cacciando i Piemontesi e ricordare gli sforzi di Giovanni Maria Angioy per creare una Sardegna migliore



Quello che segue è un documento nato per le ultime classi della scuola primaria, ma è adatto a tutti, anche per gli adulti che hanno dimenticato o che non hanno mai saputo...

Cos’è Sa Die De Sa Sardigna? 


Ogni anno, il 28 aprile, i Sardi festeggiano Sa Die De Sa Sardigna. Che cos’è? Sa Die De Sa Sardigna, cioè “Il giorno della Sardegna” è:
 - la festa dei Sardi; 
- la festa del popolo sardo; 
- la festa nazionale del popolo sardo. 
Sono tanti modi diversi per dire la stessa cosa: il 28 aprile di ogni anno i Sardi celebrano se stessi, perché sentono di essere un popolo solo e vogliono ricordare la propria storia. Con tutte le sue cose buone e tutte le sue cose cattive. 

Perché il 28 aprile? Ma perché questa festa si celebra proprio il 28 aprile e non in un altro giorno dell’anno? È molto semplice. 
La festa ricorda gli avvenimenti straordinari dell’aprile 1794. È un tempo lontano da oggi, in cui la Sardegna e i Sardi erano molto diversi. Per capire perché la nostra festa nazionale si celebra il 28 aprile è dunque necessario tornare indietro di un paio di secoli. Preparati. Adesso compiremo un breve ma fantastico viaggio nel tempo!
La Sardegna dominio dei Piemontesi 

Il Settecento fu il secolo dei Piemontesi in Sardegna. All’inizio del Settecento la Sardegna era in mano agli Spagnoli, che la occupavano per intero dal principio del Quattrocento. Nel 1713 gli Spagnoli lasciarono la nostra isola, dopo un dominio durato secoli, e la Sardegna andò agli Austriaci. Qualche anno più tardi, nel 1720, un nuovo trattato stabilì che la Sardegna passava ai duchi di Savoia: essi erano i governanti del Piemonte. Tutto ciò fu causato da lunghe e sanguinose guerre, che si combatterono in Europa. In base al trattato del 1720, i duchi di Savoia diventarono re di Sardegna e furono loro a insediarsi nella nostra terra per tutto il Settecento.
Il Regno di Sardegna Il 2 settembre 1720 i nobili sardi e le più importanti città dell’isola giurarono fedeltà ad Amedeo II, duca di Savoia e re di Sardegna. Nella carta della pagina accanto puoi vedere i suoi domini a quel tempo. Una parte di essi si trovava sul continente: erano il Piemonte e le regioni al confine con la Francia. Una parte si trovava nel Mare Mediterraneo: era appunto la nostra isola.

Il duro governo dei Piemontesi

I Savoia non cambiarono gli organi di governo della Sardegna creati dagli Spagnoli. Il più importante era il Parlamento sardo. Al tempo del dominio spagnolo, esso riuniva i nobili, le città e il clero dell’isola. Questi rivolgevano le loro richieste al re di Spagna: se il re di Spagna le accoglieva, il Parlamento sardo compensava il sovrano con una grande somma di denaro. I Savoia controllavano però la Sardegna molto più strettamente degli Spagnoli e volevano imporre la loro volontà senza discussione. Lasciarono così in vita il Parlamento sardo ma non gli permisero di riunirsi per porre al re le sue richieste. Questo fatto provocò una grande insoddisfazione nei Sardi. L’insoddisfazione crebbe per tutto il Settecento, perché la società 5 e l’economia dell’isola avevano un grande bisogno di essere ammodernate, ma i Piemontesi non fecero abbastanza sforzi per favorire il progresso della Sardegna... 

La Rivoluzione francese

Si arrivò così alla fine del Settecento, quando l’intera storia d’Europa cambiò per lo scoppio della Rivoluzione Francese. Nel 1789 i sudditi francesi si ribellarono alla nobiltà e al re, dando il via ad avvenimenti che sconvolsero il nostro continente. Basta ricordarne due: - il 21 gennaio 1793.
Il re di Francia Luigi XVI venne ghigliottinato.
La Francia entrò in guerra con tutte le più grandi potenze d’Europa, che temevano il diffondersi della rivoluzione. 
La Sardegna sentì l’influsso di questi avvenimenti e nella nostra isola accaddero molte cose nuove e importanti. 

GLI ANNI DELLA RIVOLUZIONE SARDA 
28 aprile 1794: la cacciata dei Piemontesi 

Gli avvenimenti si svolsero molto velocemente. I Francesi volevano portare in Europa la loro rivoluzione e, all’inizio del 1793, occuparono l’isola di San Pietro, sbarcarono sulle spiagge di Quartu Sant’Elena e tentarono di occupare l’isola de La Maddalena. 
Furono respinti in mare dalle truppe organizzate dai nobili e dalle città sarde. I Sardi, respingendo l’invasione, salvarono anche il dominio dei Piemontesi sulla nostra isola. In cambio, rivolsero alcune richieste al re Vittorio Amedeo III. Le più importanti erano due: - riunire di nuovo il Parlamento sardo; - lasciare ai Sardi i compiti più importanti nel governo della Sardegna. Il sovrano respinse queste richieste e i Sardi si ribellarono ai Piemontesi. 
La rivolta scoppiò a Cagliari il 28 aprile 1794: i Piemontesi furono cacciati dal quartiere di Castello e dagli altri quartieri della città. 
Furono costretti a imbarcarsi e dovettero lasciare la Sardegna. 
Fu una vera e propria rivolta patriottica, cui partecipò tutto il popolo, contro il dominio di un re straniero. Quel giorno è passato alla storia come Sa Die De S’Acciappa, “Il giorno della cattura” dei Piemontesi. 
Pensa che per distinguere i Sardi dai non Sardi, in quelle concitate ore, si diceva a chi si incontrava per strada: «Nara cixiri!». Chi non pronunciava correttamente la «x» veniva immediatamente condotto all’imbarco. Ecco: adesso capisci perché il 28 aprile è stato scelto come giorno in cui festeggiare il popolo sardo, come giorno in cui celebrare Sa Die De Sa Sardigna. 

La rivolta dei contadini contro i nobili 

Nei mesi seguenti, la rivolta si diffuse anche nelle campagne, che già da anni erano in subbuglio per le difficili condizioni in cui vivevano i loro abitanti. I contadini si ribellarono ai nobili, che possedevano la maggior parte delle terre e facevano pagare agli agricoltori tasse altissime. 
I contadini occuparono i campi e si misero a coltivarli per sé. In questo modo protestavano contro le ingiustizie, sperando di ottenere una vita migliore. 
La loro rivolta si svolse al canto Su patriottu sardu a sos feudatarios, cioè Il patriota sardo ai feudatari. Tutti noi lo conosciamo come Procurade ’e moderare, dalle sue prime parole. Era il canto ed erano le parole con cui i contadini invitavano i feudatari a cessare gli abusi. I nobili avrebbero dovuto altrimenti fare i conti con i ribelli! 

Il giudice Giovanni Maria Angioy



 Col passare del tempo, i rivoltosi si divisero: 
- da un lato c’erano i Sardi che non volevano separare la Sardegna dal Piemonte. Essi volevano solo più potere e più libertà nel governare l’isola; 
- dall’altro lato c’erano i Sardi che volevano portare in Sardegna tutte le novità della Rivoluzione francese. Ad esempio, volevano diminuire il potere dei nobili sui contadini. 
Protagonista della rivoluzione sarda divenne il giudice Giovanni Maria Angioy, che vedi ritratto qui sopra. Egli fu incaricato dai Piemontesi di schiacciare la rivolta delle campagne, ma quando vide la povertà dei contadini e la miseria dei villaggi si schierò con i più deboli.
Angioy ebbe molti alleati: nell’immagine lo vedi accolto trionfalmente dalla popolazione di Sassari. 
Il suo tentativo di cambiare le cose gli procurò tuttavia anche molti nemici. Nel giugno 1796, mentre con i suoi uomini marciava verso Cagliari, fu affrontato e sconfitto in battaglia dai Piemontesi, alleati con i nobili sardi. Angioy fu costretto a fuggire e morì, molti anni più tardi, in Francia. 
Quasi tutti i rivoluzionari sardi vennero arrestati e condannati a morte. Il re tornò a governare la Sardegna con potere assoluto. Anzi, il controllo piemontese sui Sardi divenne ancora più duro. Infatti, nel 1799 Napoleone Bonaparte strappò il Piemonte ai Savoia e i Savoia si rifugiarono proprio nella nostra isola: qui rimasero fino alla caduta di Napoleone, nel 1815. 
In quegli anni, i Sardi si ribellarono ancora molte volte al re, ma ogni rivolta fu schiacciata senza pietà. Certamente, chi visse in quel tempo pensò che la Rivoluzione sarda fosse stata un fallimento e che avesse mancato completamente i suoi obiettivi. Ma non era così e adesso ti spieghiamo perché!

Dopo la Rivoluzione sarda

 Nel corso dell’Ottocento la Sardegna e i Sardi rimasero sotto il controllo dei Savoia. 
Come sappiamo, poi, in seguito alle guerre d’indipendenza, il Regno di Sardegna divenne nel 1861 il Regno d’Italia e la nostra isola entrò a far parte dello Stato italiano, nel quale si trova ancora oggi. 
Gli sforzi dei patrioti che il 28 aprile 1794 cacciarono i Piemontesi e gli sforzi di Angioy per creare una Sardegna migliore non furono tuttavia inutili. Il ricordo di quei fatti non si è mai spento e per tutto l’Ottocento e il Novecento ha incoraggiato i Sardi a migliorarsi e a cercare più libertà e giustizia.

Sa Die De Sa Sardigna

Ecco allora il significato di Sa Die De Sa Sardigna: 
- ricordare il giorno in cui i Sardi lottarono insieme per la libertà; 
- ricordare il giorno in cui i Sardi si comportarono come un solo popolo; 
- ricordare a noi stessi, ora, ogni anno, che la lotta per una Sardegna più bella, ricca e felice non finisce mai. 
Tutti noi siamo impegnati, ogni giorno, a migliorare la nostra vita. Migliorando la nostra vita miglioriamo anche quella di chi sta vicino a noi. 
Miglioriamo insomma la vita di tutti i Sardi. Non è uno scopo importante? Ricordalo, insieme ai tuoi compagni di classe, insieme ai tuoi amici, anche quest’anno: Sa Die De Sa Sardigna è la tua festa, è la festa di tutti noi! 

 SU PATRIOTTU SARDU A SOS FEUDATARIOS

Su patriottu sardu a sos feudatarios fu composto nel 1795 da Francesco Ignazio Mannu, un giudice che partecipò da protagonista alla cacciata dei Piemontesi da Cagliari. Ti presentiamo le prime tre strofe, con la traduzione in italiano. Leggile insieme ai tuoi compagni e alla tua maestra. Poi svolgi le attività indicate.

 Procurade 'e moderare 
Barones, sa tirannia 
Chi si no, pro vida mia, 
Torrades a pés in terra 
Decrarada est giaj sa gherra
 Contra de sa prepotentzia 
Incomintzat sa passentzia 
In su pobulu a mancare

Cercate di moderare 
Padroni, la vostra tirannia 
Altrimenti a costo della mia vita 
Cadrete a terra 
È stata già dichiarata la guerra 
Contro la prepotenza 
La pazienza incomincia 
Nel popolo a mancare

Mirade ch'est pesende 
Contra de bois su fogu 
Mirade chi no est giogu 
Chi sa cosa andat 'e veras 
Mirade chi sas aeras 
Minetan su temporale 
Zente cunsizzada male 
Iscurtade sa 'oghe mia

Attenti che sta divampando 
Contro di voi il fuoco 
Attenti che non è un gioco 
Che quanto sta per accadere è vero 
Attenti che il cielo 
Minaccia temporale 
Gente spinta dall’odio 
Ascoltate il mio consiglio.

No apprettedas s'isprone 
A su poveru ronzinu, 
Si no in mesu caminu 
S'arrempellat appuradu; 
Mizzi ch'es tantu cansadu 
E non 'nde podet piusu; 
Finalmente a fundu in susu 
S'imbastu 'nd 'hat a bettare. 

Non incitare con lo sprone il povero ronzino 
Altrimenti durante il cammino si impunterà ferito 
È molto stanco 
Non può andar oltre 
Finalmente a testa in giù 
Il basto farà cadere


 STUDIARE - Sottolinea, nel testo in sardo, tutte le parole che non capisci e scrivile sul tuo quaderno. Poi, insieme alla maestra, scopri cosa significano e scrivi accanto a ciascuna di esse la traduzione in italiano. Che cosa voleva dire l’autore con questo canto?

Questo articolo è stato gentilmente concesso dal gruppo
 STORIA SARDA NELLA SCUOLA ITALIANA

Nessun commento:

Posta un commento