Per
ricordare il lontano 28 Aprile 1794, il giorno in cui i sardi
lottarono insieme per la libertà cacciando i Piemontesi e ricordare gli sforzi
di Giovanni
Maria Angioy
per creare una Sardegna migliore
Quello
che segue è un documento nato per le ultime classi della scuola
primaria, ma è adatto a tutti, anche per gli adulti che hanno
dimenticato o che non hanno mai saputo...
Cos’è Sa Die De Sa Sardigna?
Ogni anno, il 28 aprile, i Sardi festeggiano Sa Die De Sa Sardigna.
Che cos’è?
Sa Die De Sa Sardigna, cioè “Il giorno della Sardegna” è:
- la festa dei Sardi;
- la festa del popolo sardo;
- la festa nazionale del popolo sardo.
Sono tanti modi diversi per dire la stessa cosa: il 28 aprile di ogni anno i
Sardi celebrano se stessi, perché sentono di essere un popolo solo e
vogliono ricordare la propria storia. Con tutte le sue cose buone e tutte
le sue cose cattive.
Perché il 28 aprile?
Ma perché questa festa si celebra proprio il 28 aprile e non in un altro
giorno dell’anno?
È molto semplice.
La festa ricorda gli avvenimenti straordinari
dell’aprile 1794. È un tempo lontano da oggi, in cui la Sardegna e i Sardi
erano molto diversi.
Per capire perché la nostra festa nazionale si celebra il 28 aprile è
dunque necessario tornare indietro di un paio di secoli.
Preparati. Adesso compiremo un breve ma fantastico viaggio nel
tempo!
La Sardegna dominio dei Piemontesi
Il Settecento fu il secolo dei Piemontesi in Sardegna.
All’inizio del Settecento la Sardegna era in mano agli Spagnoli, che la
occupavano per intero dal principio del Quattrocento.
Nel 1713 gli Spagnoli lasciarono la nostra isola, dopo un dominio durato
secoli, e la Sardegna andò agli Austriaci.
Qualche anno più tardi, nel 1720, un nuovo trattato stabilì che la
Sardegna passava ai duchi di Savoia: essi erano i governanti del
Piemonte.
Tutto ciò fu causato da lunghe e sanguinose guerre, che si
combatterono in Europa.
In base al trattato del 1720, i duchi di Savoia diventarono re di Sardegna
e furono loro a insediarsi nella nostra terra per tutto il Settecento.
Il Regno di Sardegna
Il 2 settembre 1720 i nobili sardi e le più importanti città dell’isola
giurarono fedeltà ad Amedeo II, duca di Savoia e re di Sardegna. Nella
carta della pagina accanto puoi vedere i suoi domini a quel tempo. Una
parte di essi si trovava sul continente: erano il Piemonte e le regioni al
confine con la Francia. Una parte si trovava nel Mare Mediterraneo: era
appunto la nostra isola.
Il duro governo dei Piemontesi
I Savoia non
cambiarono gli
organi di
governo della
Sardegna
creati dagli
Spagnoli. Il più
importante era
il Parlamento
sardo. Al
tempo del
dominio
spagnolo, esso
riuniva i nobili,
le città e il
clero dell’isola. Questi rivolgevano le loro richieste al re di Spagna: se il
re di Spagna le accoglieva, il Parlamento sardo compensava il sovrano
con una grande somma di denaro.
I Savoia controllavano però la Sardegna molto più strettamente degli
Spagnoli e volevano imporre la loro volontà senza discussione.
Lasciarono così in vita il Parlamento sardo ma non gli permisero di
riunirsi per porre al re le sue richieste. Questo fatto provocò una grande
insoddisfazione nei Sardi.
L’insoddisfazione crebbe per tutto il Settecento, perché la società
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e l’economia dell’isola avevano un grande bisogno di essere
ammodernate, ma i Piemontesi non fecero abbastanza sforzi per
favorire il progresso della Sardegna...
La Rivoluzione francese
Si arrivò così alla fine del
Settecento, quando
l’intera storia d’Europa
cambiò per lo scoppio
della Rivoluzione
Francese.
Nel 1789 i sudditi francesi
si ribellarono alla nobiltà e
al re, dando il via ad
avvenimenti che
sconvolsero il nostro
continente. Basta
ricordarne due:
- il 21 gennaio 1793.
Il re di
Francia Luigi XVI venne ghigliottinato.
La Francia entrò in guerra con tutte le più grandi potenze d’Europa,
che temevano il diffondersi della rivoluzione.
La Sardegna sentì l’influsso di questi avvenimenti e nella nostra isola
accaddero molte cose nuove e importanti.
GLI ANNI DELLA RIVOLUZIONE SARDA
28 aprile 1794: la cacciata dei Piemontesi
Gli avvenimenti si svolsero molto velocemente.
I Francesi volevano portare in Europa la loro rivoluzione e, all’inizio del
1793, occuparono l’isola di San Pietro, sbarcarono sulle spiagge di
Quartu Sant’Elena e tentarono di occupare l’isola de La Maddalena.
Furono respinti in mare dalle truppe organizzate dai nobili e dalle città
sarde.
I Sardi, respingendo l’invasione, salvarono anche il dominio dei
Piemontesi sulla nostra isola. In cambio, rivolsero alcune richieste al re
Vittorio Amedeo III. Le più importanti erano due:
- riunire di nuovo il Parlamento sardo;
- lasciare ai Sardi i compiti più importanti nel governo della Sardegna.
Il sovrano respinse queste richieste e i Sardi si ribellarono ai Piemontesi.
La rivolta scoppiò a Cagliari il 28 aprile 1794: i Piemontesi furono cacciati
dal quartiere di Castello e dagli altri quartieri della città.
Furono costretti a imbarcarsi e dovettero lasciare la Sardegna.
Fu una
vera e propria rivolta patriottica, cui partecipò tutto il popolo, contro il
dominio di un re straniero.
Quel giorno è passato alla storia come Sa Die De S’Acciappa, “Il giorno
della cattura” dei Piemontesi.
Pensa che per distinguere i Sardi dai non
Sardi, in quelle concitate ore, si diceva a chi si incontrava per strada:
«Nara cixiri!». Chi non pronunciava correttamente la «x» veniva
immediatamente condotto all’imbarco.
Ecco: adesso capisci perché il 28 aprile è stato scelto come giorno in cui
festeggiare il popolo sardo, come giorno in cui celebrare Sa Die De Sa
Sardigna.
La rivolta dei contadini contro i nobili
Nei mesi seguenti, la rivolta si diffuse anche nelle campagne, che già da
anni erano in subbuglio per le difficili condizioni in cui vivevano i loro
abitanti.
I contadini si ribellarono ai nobili, che possedevano la maggior parte
delle terre e facevano pagare agli agricoltori tasse altissime.
I contadini occuparono i campi e si misero a coltivarli per sé. In questo
modo protestavano contro le ingiustizie, sperando di ottenere una vita
migliore.
La loro rivolta si svolse al canto Su patriottu sardu a sos feudatarios, cioè
Il patriota sardo ai feudatari. Tutti noi lo conosciamo come Procurade ’e
moderare, dalle sue prime parole. Era il canto ed erano le parole con cui
i contadini invitavano i feudatari a cessare gli abusi. I nobili avrebbero
dovuto altrimenti fare i conti con i ribelli!
Il giudice Giovanni Maria Angioy
Col passare del tempo, i rivoltosi si
divisero:
- da un lato c’erano i Sardi che non
volevano separare la Sardegna dal
Piemonte. Essi volevano solo più
potere e più libertà nel governare
l’isola;
- dall’altro lato c’erano i Sardi che
volevano portare in Sardegna tutte
le novità della Rivoluzione francese.
Ad esempio, volevano diminuire il
potere dei nobili sui contadini.
Protagonista della rivoluzione sarda divenne il giudice Giovanni Maria
Angioy, che vedi ritratto qui sopra. Egli fu incaricato dai Piemontesi di
schiacciare la rivolta delle campagne, ma quando vide la povertà dei
contadini e la miseria dei villaggi si schierò con i più deboli.
Angioy ebbe molti alleati: nell’immagine lo vedi accolto trionfalmente
dalla popolazione di Sassari.
Il suo tentativo di cambiare le cose gli
procurò tuttavia anche molti nemici. Nel giugno 1796, mentre con i suoi
uomini marciava verso Cagliari, fu affrontato e sconfitto in battaglia dai
Piemontesi, alleati con i nobili sardi.
Angioy fu costretto a fuggire e morì, molti anni più tardi, in Francia.
Quasi tutti i rivoluzionari sardi vennero arrestati e condannati a morte.
Il re tornò a governare la Sardegna con potere assoluto. Anzi, il
controllo piemontese sui Sardi divenne ancora più duro. Infatti, nel
1799 Napoleone Bonaparte strappò il Piemonte ai Savoia e i Savoia si
rifugiarono proprio nella nostra isola: qui rimasero fino alla caduta di
Napoleone, nel 1815.
In quegli anni, i Sardi si ribellarono ancora molte volte al re, ma ogni
rivolta fu schiacciata senza pietà.
Certamente, chi visse in quel tempo pensò che la Rivoluzione sarda
fosse stata un fallimento e che avesse mancato completamente i suoi
obiettivi.
Ma non era così e adesso ti spieghiamo perché!
Dopo la Rivoluzione sarda
Nel corso dell’Ottocento la Sardegna e i Sardi rimasero sotto il
controllo dei Savoia.
Come sappiamo, poi, in seguito alle guerre
d’indipendenza, il Regno di Sardegna divenne nel 1861 il Regno d’Italia
e la nostra isola entrò a far parte dello Stato italiano, nel quale si trova
ancora oggi.
Gli sforzi dei patrioti che il 28 aprile 1794 cacciarono i Piemontesi e gli
sforzi di Angioy per creare una Sardegna migliore non furono tuttavia
inutili.
Il ricordo di quei fatti non si è mai spento e per tutto l’Ottocento e il
Novecento ha incoraggiato i Sardi a migliorarsi e a cercare più libertà e
giustizia.
Sa Die De Sa Sardigna
Ecco allora il significato di Sa Die De Sa Sardigna:
- ricordare il giorno in cui i Sardi lottarono insieme per la libertà;
- ricordare il giorno in cui i Sardi si comportarono come un solo popolo;
- ricordare a noi stessi, ora, ogni anno, che la lotta per una Sardegna più
bella, ricca e felice non finisce mai.
Tutti noi siamo impegnati, ogni giorno, a migliorare la nostra vita.
Migliorando la nostra vita miglioriamo anche quella di chi sta vicino a
noi.
Miglioriamo insomma la vita di tutti i Sardi.
Non è uno scopo importante?
Ricordalo, insieme ai tuoi compagni di classe, insieme ai tuoi amici,
anche quest’anno: Sa Die De Sa Sardigna è la tua festa, è la festa di tutti
noi!
SU PATRIOTTU SARDU A SOS FEUDATARIOS
Su patriottu sardu a sos feudatarios fu composto nel 1795 da Francesco
Ignazio Mannu, un giudice che partecipò da protagonista alla cacciata
dei Piemontesi da Cagliari. Ti presentiamo le prime tre strofe, con la
traduzione in italiano. Leggile insieme ai tuoi compagni e alla tua
maestra. Poi svolgi le attività indicate.
Procurade 'e moderare
Barones, sa tirannia
Chi si no, pro vida mia,
Torrades a pés in terra
Decrarada est giaj sa gherra
Contra de sa prepotentzia
Incomintzat sa passentzia
In su pobulu a mancare
Cercate di moderare
Padroni, la vostra tirannia
Altrimenti a costo della mia vita
Cadrete a terra
È stata già dichiarata la guerra
Contro la prepotenza
La pazienza incomincia
Nel popolo a mancare
Mirade ch'est pesende
Contra de bois su fogu
Mirade chi no est giogu
Chi sa cosa andat 'e veras
Mirade chi sas aeras
Minetan su temporale
Zente cunsizzada male
Iscurtade sa 'oghe mia
Attenti che sta divampando
Contro di voi il fuoco
Attenti che non è un gioco
Che quanto sta per accadere è
vero
Attenti che il cielo
Minaccia temporale
Gente spinta dall’odio
Ascoltate il mio consiglio.
No apprettedas s'isprone
A su poveru ronzinu,
Si no in mesu caminu
S'arrempellat appuradu;
Mizzi ch'es tantu cansadu
E non 'nde podet piusu;
Finalmente a fundu in susu
S'imbastu 'nd 'hat a bettare.
Non incitare con lo sprone
il povero ronzino
Altrimenti durante il cammino
si impunterà ferito
È molto stanco
Non può andar oltre
Finalmente a testa in giù
Il basto farà cadere
STUDIARE - Sottolinea, nel testo
in sardo, tutte le parole che non
capisci e scrivile sul tuo quaderno.
Poi, insieme alla maestra, scopri
cosa significano e scrivi accanto
a ciascuna di esse la traduzione
in italiano. Che cosa voleva dire
l’autore con questo canto?
Questo articolo è stato gentilmente concesso dal gruppo
STORIA SARDA NELLA SCUOLA ITALIANA
Questo articolo è stato gentilmente concesso dal gruppo
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