SU "CARRASEGARE"
Su
Carrasegare
si svolge nel periodo che in base alla liturgia cristiana precede la
quaresima.
Anticamente
il Carnevale
era un momento fondamentale e con chiare funzioni sociali nella vita
delle società agro-pastorali. Le celebrazioni cominciavano con la
festa per la fine dell'inverno, intorno a grandi fuochi si svolgevano
feste primitive, si danzava, si mangiava e si assaggiava il vino
nuovo. Nei
tempi passati l'uscita
delle prime maschere avveniva per l'Epifania, mentre
ora “entrano in scena” il 17 gennaio, giorno di Sant'Antonio
Abate .
Nella
Barbagia il
sistema economico basato sulla pastorizia e l'agricoltura determina
un particolare rapporto fra uomo-animale,
villaggio-campagna.
Il questo contesto la maschera rappresenta una sintesi della doppia
natura umana e
animalesca come possiamo riscontrare fra ISSOHADORES-MAMUTHONES
a Mamoiada, BOES-MERDULES
ad Ottana, e nei THURPOS
a Orotelli.
Mamuthones
I
Mamuthones
indossano
pelli di pecora nera
sopra l'abito di velluto marrone, portano un pesante grappolo di
campanacci di varie dimensioni legato dietro le spalle, alcune
campanelle di bronzo davanti e, nel viso, una maschera grottesca
realizzata in legno. Questi personaggi sono accompagnati
dagli Issohadores,
portatori di soha,
una lunga fune ora fatta di giunco, ma che anticamente doveva essere
realizzata in cuoio pesante.
I
Mamuthones
generalmente
in gruppi di dodici, si muovono a piccoli passi cadenzati, quasi dei
saltelli, compiono un movimento obbligato poiché nel procedere
devono scuotere allo stesso tempo tutti i campanacci, nell’avanzare
danno dei colpi di spalla ruotando il corpo una volta verso destra e
un’altra verso sinistra; a questo movimento in due tempi, eseguito
in perfetta sincronia, corrisponde un unico squillo dei campanacci;
ogni tanto tutti insieme fanno tre rapidi salti su se stessi, seguiti
da tre squilli più alti di tutta la sonagliera. Al passo lento e
cadenzato dei
mamuthones corrispondono
i movimenti agili degli
Issohadores,
in
genere non più di otto; essi fanno vibrare nell'aria le proprie funi
per catturare la donna o l'amico che hanno scelto tra la folla.
Boes e Merdules
I
Boes
e i Merdules
sono le carattestiche
maschere di Ottana, rappresentano in bue e il suo padrone. Riassumono
ciò che era anticamente la vita di questo paese ai margini della
Barbagia di Ollolai, quando possedere
un giogo di buoi significava essere benestanti.
Sos
Merdules (pastori-padroni)
hanno maschere di legno dal volto umano con tratti contorti e
grotteschi, nasi molto lunghi ed enormi bocche ghignanti. Indossano
delle pelli di pecora nera,
un bastone (su mazzoccu) che usano sia per sostenersi che per gestire
sos Boes.
Sos
Boes (buoi-animanli) indossano pelli di pecora bianca,
una
cinghia di campanacci a tracolla e sul viso una maschera con lunghe
corna, decorata con motivi apotropaici che servivano
per allontanare influenze
maligne. Tra
queste maschere è possibile vedere altri animali: cervi, mufloni,
asini
e maiali.
I Boes procedono saltellanti e minacciosi fra i passanti, fanno versi
animali e non parlano mai, mentre sos Merdules sono parlanti, mordaci
e petulanti, cercano in tutti modi di domare “gli animali”.
Sa Filonzana
L’ultimo
giorno di Carnevale compare sulla scena Sa
Filonzana
(la filatrice) che tiene in mano una rocca da cui pendono dei fili di
lana, porta sul viso una maschera nera dall’aspetto minaccioso, un
abbigliamento da vecchia vedova, una vistosa gobba sulle spalle. Sa
Filonzana cammina tra la folla minacciando di tagliare il filo
(rappresenta
la vita)
in segno di malaugurio per chi si rifiuta di offrirle da bere.
Sos Thurpos
Sos
Thurpos
(ciechi) sono le maschere tipiche del carnevale di Orotelli. Derivano
dal connubio uomo-bestia, sono ciechi, cioè incapaci di ragionare
essendo diventati sciocchi come le bestie.
Vestono un cappotto di orbace nero (gabbanu), un cappuccio, gli
scarponi e i gambali di cuoio, il viso è annerito dalla fuliggine e
rimane nascosto dal cappuccio. Procedono appaiati come un giogo di
buoi, muti o muggenti, con una fune legata in vita mediante la quale
un terzo thurpu
(il contadino) cerca di guidarli.
Procedono
per le vie del paese con passi che imitano i movimenti dei buoi
specificati da verbi e frasi del contadino ( marrare, murru bassu,
muliare, a tira coa…). Similmente ai Boes di Ottana, si avventano
improvvisamente sul pubblico catturando qualche conoscente
costringendolo ad offrire da bere.
Nei
paesi della Barbagia si possono rintracciare altri tipi di
travestimento che richiamano il bue o altri animali, tradizione
strettamente
legata all’economia
popolare. Per indicare tutto ciò in nuorese esiste un termine “ si
imbovare” (imbovarsi) ossia identificarsi nell’animale più
utile, quindi venerato e contemporaneamente immergersi nello stato di
euforia e di delirio che lo stesso bove si creava.
Le
suggestioni storico-culturali che evocano queste maschere sono
numerose: alcuni
studiosi le inseriscono
nell'ambito del culto del bove, molto diffuso in Sardegna e nel
Mediterraneo, documentato dall'età preistorica a quella romana,
interpretandolo come la celebrazione dell'aggiogamento dell'animale,
ma non esclude il carattere apotropaico
(Termine
riferito a oggetto, atto, animale o formula che allontana o annulla
un’influenza maligna)
del
bucranio (Rappresentazione
decorativa e simbolica del cranio di bue, in visione frontale).
Il simbolo della protome
bovina
richiama alla mente le varie simbologie della fertilità e della
fecondità che rimandano alle concezioni agrarie di morte-rinascita
nel ciclo delle stagioni.
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